demografia, quello che le donne non dicono

Ci preme avvisare quanti si apprestano alla lettura, che in queste righe non troverete alcun riguardo circa le nuove sensibilità morali, espressive e di pensiero contemporanee. La critica sociale e di costume sarà netta, precisa, inequivocabile. Tutti coloro che sanno di non poter tollerare osservazioni forti, libere e veritiere, sono vivamente pregati di interrompere la connessione a questo blog puntando ad altra fonte informativa in linea con i propri gusti e preferenze.

Dopo una doverosa premessa, proviamo a riprendere il filo e ad illustrare il nostro punto di vista sul dibattito che ha dominato le settimane di aprile u.s. a seguito della divulgazione del rapporto demografico dell’Istat e la feroce polemica politica che è seguita alle dichiarazioni del Ministro Lollobrigida sulla sostituzione etnica.
Eravamo poco più di 42 milioni alla proclamazione dell’Impero. 56,7 milioni i residenti rilevati dall’Istat agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso quando autorevoli rapporti internazionali ci davano IV potenza industriale mondiale, avanti la Francia e la Gran Bretagna, prima dell’entrata nell’euro. Ça va sans dire! Nulla è perduto quindi, se oggi l’Istat ci segnala che siamo poco meno di 59 milioni, gli italiani.  Il sospetto è che la voce del declino inesorabile dell’Italia per denatalità, se non si ricorre al rimedio immigratorio, sia una strumentale campagna mediatica di drammatizzazione dal tenore geopolitico al fine di tutelare gli effetti dei processi di globalizzazione. Gli spauracchi agitati con maggiore efficacia comunicativa sono quelli delle campagne deserte; delle industrie manufatturiere a corto di personale; dell’offerta del lavoro di fatica che sembrerebbe non trovare più una domanda tale da essere soddisfatta appieno. Noi vecchi, però che ricordiamo la grande proletaria, quell’Italia di famiglie numerose che lavoravano di braccia e non avevano grilli per la testa che non fossero il pane quotidiano al desco della sera, sappiamo, sì, noi sappiamo che la denatalità così come la mancanza di manodopera sono fenomeni indotti dal progressivo adagiarsi della società borghese di massa che è proseguita di pari passo alla legittima emancipazione femminile fino a conquistarci tutti, indistintamente. Irretiti come siamo dal fascino del carpe diem che non trascende l’uomo, ma lo tiene fisso al suo breve tempo svuotato di ogni anelito di futuro. L’imborghesimento generalizzato del corpo sociale ha finito per scadere nel deperimento del costume apportando modifiche profonde a quell’insieme di condotte, comportamenti e cosuetudini che siamo soliti definire enfaticamente con il sostantivo cultura. Grado di civiltà di un popolo che nel caso di quello italiano, non sia detto irrimediabilmente compromesso, perchè gli anticorpi di reazione possono essere riattivati con il richiamo alla terra ed alle tradizioni di sacrificio e sudore, la risultante della quale puo’ facilmente essere scorta inforcando nuove lenti e guardando intorno a noi. Privati del filtro edonistico e rimessi in corsa dallo spirito di sopravvivenza innata che si proietta nel proseguimento di se’. Non è credibile l’assunto per il quale gli italiani non fanno figli perchè le paghe sono basse ed i servizi alla infanzia deficitari. Ai giovanissimi basterebbe chiedere ai loro nonni operai e contadini, per scoprire che la famiglia italiana che ancora è in vita, fu numerosa e felice di poco e quel poco era una ricchezza incommensurabile: la prole, cioè noi stessi che li abbiamo traditi perdendo i nostri giorni a rincorrere le illusioni dell’effimero. Noi, piccoli borghesi infingardi che accampiamo diritti nei quali trasfiguriamo senza pudore i nostri stravizi pur di riempire i vuoti dell’alienazione esistenziale inevitabile. Diciamocelo con franchezza, se abbiamo bisogno di chiamare braccia per faticare e bambini per avere futuro, ciò vale a significare che Continua a leggere

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le urne mandano in fumo le sofisticherie della sinistra

Se i pochi, fiduciosi ed incrollabili campioni di democrazia che sono andati a votare alle ultime regionali di Lazio e Lombardia speravano di aver mandato in fumo nelle urne le sofisticherie del progressismo immaginifico, non potranno che restare delusi. A leggere lo sciocchezzario di giustificazioni e la banalità analitica nelle dichiarazioni di quelli che vanno per la maggiore intelligentia a sinistra come a destra, molti temerari della scheda elettorale finiranno per sentirsi disarmati e penseranno di non aver più strumenti idonei a comunicare con la classe dirigente della nazione. E’ di tutta evidenza infatti, che questa viva un mondo parallelo; che abbia traslato dalle aspirazioni semplici e dai bisogni materiali delle persone comuni per giungere all’iperuranio platonico delle idee perfettissime ed immutabili, impossibili da realizzare nella valle delle lacrime umane, troppo umane, anche a voler bere l’amaro calice della sfrenata fantasia dei folli.
A restituirvi un’idea cari affezionati lettori, vi offriamo un eloquente campionario della disillusione a seguito del quale non potremo far altro che sottoscrivere la resa incondizionata: il voto serve a poco e sicuramente non fa più politica:
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il conflitto tra Fede, scienze e diritto

Siamo soliti definire complesse le moderne società per la disomogenea composizione e spesso per la variopinta gamma di relazioni che da questa ne vengono a rinnovare nel quotidiano il conflitto tra Fede, scienze e diritto. Rapporto stridente, ma solamente in apparenza perchè a ben riflettere, Fede, scienza e diritto non sono necessariamente in contraddizione. Ci soccorre a riguardo, l’esempio di un giovane magistrato, Rosario Angelo Livatino, che la Chiesa di recente ha elevato agli onori degli Altari con la proclamazione a Beato. Martire di giustizia per mano della mafia e Martire della Fede alla quale ispirava la sua condotta di chiarissimo magistrato. Da laico, Rosario operava nella società a fine ultimo di Giustizia traducendo nella pratica del suo quotidiano lavoro, la difesa della vita in opposizione alla morte e la consacrazione dei valori etici che informano tanto la Dottrina Cristiana, quanto la Costituzione della Repubblica amava sottolineare; si leggano gli articoli 7, 8, 19 e 20. Ebbene, Continua a leggere

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Vialli e Mihajlovic, ricerca scientifica in fuori gioco

Il cancro. A distanza di poche settimane si è portato via prima Mihajlovic e poi anche Vialli. 53 anni Sinisa, 58 Gianluca. Due tra i campioni più amati dagli sportivi. Due atleti, due archetipi dell’uomo sano. Quel capolavoro di ingegneria biodinamica capace di gesta e prestazioni al limite dello sbalorditivo. Come tanti, dapprima attaccati da piccole cellule impazzite che la scienza promette di contenere e poi entrambi, di mutazione in mutazione, inesorabilmente finiti per veder soffocare e soppressi gli organi vitali ad opera di queste parassite lungo un percorso tanto deludente quanto dolorosissimo di sofferenze ed abbandono. Chi scrive, sa di che cosa scrive per aver fatto esperienza familiare diretta da adolescente e di recente, in età matura, quasi in sincrono al calvario di Mihajlovic e di Vialli. Abbiamo patito la morte in famiglia di cancro quarant’anni orsono ed abbiamo registrata la morte in famiglia in queste ultime settimane. Di cancro si muore e la scienza non ha nulla in mano da offrire ai malcapitati. La ricerca è fuori gioco, per restare alle metafore sportive. Lo era negli anni ’80; continua e resta in fuori gioco oggi, XXI secolo. Ogni Santo anno che il Signore manda in terra, si raccolgono donazioni per milioni di euro Continua a leggere

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che cosa stai facendo Giorgia?

La destra, non sembra propriamente lucida e pronta come prometteva, sul da farsi. Non dice una parola chiara sulla autonomia differenziata anzi, parrebbe disposta ad assecondare la secessione dei ricchi vessillo trentennale di un alleato che gli stessi elettori settentrionali hanno ridimensionato nelle urne. Almirante si starà rivoltando nella tomba. Fratelli d’Italia che si promette erede della migliore tradizione unitaria nazionale e risorgimentale sin dal discorso della fiducia alle Camere, sembrerebbe cedere al pervicace tentativo della Lega di recuperare quella base di egoismo antimeridionalista che fece la fortuna della Lega lombarda di Bossi. Si sente poi ipotizzare una tassa sulle consegne a domicilio, efficiente ed efficace servizio a basso costo reso ad una larga parte della popolazione tra le più anziane al mondo oltretutto, una tassa odiosa che farebbe impennare ancor di più l’inflazione e taglierebbe inevitabilmente posti di lavoro che per quanto precari, sono comunque una risposta produttiva del mercato al RdC. Dalla destra conservatrice alla destra passatista, il passo è breve se non si recupera autorevolezza, visione politica di schieramento e  s’avvia in maniera intelligente, quell’auspicabile e necessariamente lungo processo di egemonia culturale da sottrarre alla sinistra che ha destrutturate e messe in crisi la coesione sociale e relazionale della società italiana. In economia dalla destra ci si sarebbe aspettati infatti, non una proiezione retrospettiva, ma una spinta alla modernità immaginando incentivi alle PMI del commercio capaci di alzare una seconda saracinesca sul web, aperta notte e giorno in concorrenza ad Amazon con agevolazioni fiscali degli utili digitali prodotti dai negozi fisici aperti da imprese commerciali fino a 25 dipendenti, ad esempio. Un governo consevatore tutela la cultura ed i valori tradizionali, non scende in campo economico per lottare contro il progresso e l’innovazione con il contante e le tasse sul commercio elettronico che Continua a leggere

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France, coup de poignard dans les épaules de l’Italie

Maggior deficit, in cambio di migranti. Fu il governo Renzi nel 2014 a firmare il baratto con l’Unione Europea. L’Italia autorizzata a sforare il patto di stabilità in cambio di un’ assunzione esclusiva di responsabilità sullo scottante dossier migratorio del Mediterraneo. Le navi delle Ong in servizio di trasporto sicuro con la sponda africana, avrebbero fatto rotta sui porti italiani. E’ cosi’ che l’Europa si sbarazzo’ dei diritti umani e dello spirito di accoglienza ed inclusione nel mentre che Renzi raggiungeva l’apice della sua carriera con il 40% di consensi alle elezioni europee sospinti nelle urne dagli ottanta euro in deficit pagato a caro prezzo dall’Italia gettata nel caos totale alle prese con la gestione di flussi migratori incontrollabili che perdurano incessanti da oltre otto anni, sotto l’egida delle organizzazioni criminali libiche. Partono da qui le premesse del successo politico di Fratelli d’Italia che ha portato Giorgia Meloni a palazzo Chigi e stizzito il signorino dell’Eliseo,  già banchiere Rothschild.
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il Presidente, quel volgare maschile di Giorgia


Sono due i primati detenuti dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni come si conviene ad un capo della prima forza politica di uno schieramento di destra. E’ la prima donna, Presidente del Consiglio ed è anche il primo Presidente del Consiglio poliglotta. Ha studiato le lingue, al tempo in cui la scuola ancora premiava il merito e poteva bocciare i somari. Il Presidente del Consiglio, capo del Governo, parla fluentemente l’inglese, il francese e lo spagnolo. Caso unico nella storia della Repubblica. Giorgia Meloni si lascia intervistare in inglese dalla TV americana, arringa allo stesso modo le folle spagnole nelle piazze ed il Congresso dei Repubblicani negli Stati Uniti; conversa amabilmente col Presidente francese. Non ha bisogno dell’intermediazione linguistica di un interprete come accadeva ai rimpianti vecchi  politici della prima Repubblica e come accaduto di recente anche ai più giovani e baldanzosi ”royal baby” del progressismo nostrano. Quindi proviamo ad uscire dall’agone politco e mettere un punto fermo su questa vicenda. La sintassi di un idioma, non si fissa per decreto. Tanto meno, gli atti ufficiali della Repubblica possono registrare all’indice le espressioni fantasiose della mutevole geografia politica e delle variabili di costume secolare. Incorre in grave errore la stessa Accademia della Crusca quando rincorre ed in una certa misura certifica, l’adozione di prestiti linguistici e neologismi del comune parlato mai nobilitati da alcuna opera scritta. Perchè il punto focale della faccenda de: il Presidente femmina, è tutto qui: la morfologia, la grammatica e la sintassi di un idioma non s’inventano, si ricavano dallo studio dei classsici cioè, dalle opere la cui valenza è stata universalmente riconosciuta ed accreditata nella storia delle letterature che si vogliono prendere in esame. Segnatamente, nel nostro volgare come codificato da Dante, Petrarca, Boccaccio, Macchiavelli, Foscolo, Manzoni, Leopardi, Verga, Quasimodo, Ungaretti, Montale, Moravia e numerosi altri che potrete leggere nei libri di storia della letteratura italiana, le funzioni sono declinate al maschile e dunque le Continua a leggere

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attenzione a giocare sporco con la Meloni, stavolta Moody’s mette in guardia la UE

Francia e soprattutto Germania, ce la vendono per Europa, da circa trent’anni, ma la realtà ci dice che sono semplicimente Trattati tra Stati ciascuno dei quali prova a trarre il massimo vantaggio dalla sua posizione dominante  agitando regole e valori come meglio gli conviene. Ciascuno, ad eccezione di uno, l’Italia che si precipita sempre in prima linea quando ci sono da applicare principi e direttive alla lettera di Bruxelles anche nei casi in cui sembrano essere state scritte apposta per scaricargli addosso il peso di una regolamentazione che frena quando non distrugge del tutto interi settori della economia nazionale. Principi e direttive che finiscono viceversa, spesso sul banco degli imputati dinanzi alla Corte di Karlsruhe, perchè in Germania ed in Francia, il diritto comunitario è prevalente sulla carta straccia dei Trattati, ma non nella prassi concreta delle decisioni politiche. I duecento miliardi che Berlino ha stanziato per le bollette dei tedeschi respingendo la proposta italiana di un tetto al prezzo del gas che aiutasse tutti gli europei a superare il prossimo inverno di guerra, è solamente l’ultima delle prove di una egemonia esercitata con arroganza che durante le crisi, getta la maschera delle istituzioni UE e viene fuori sfrontata di egoismo nazionale. Prendiamo in esame ad esempio, una delle regole fondative della Unione Europea, la libera concorrenza ed il divieto di aiuti di Stato nel settore energetico che pure è il propellente dello sviluppo di un paese come il nostro nel quale l’economia di trasformazione registra un peso ancora preminente e per fortuna, rispetto alla fragile economia dei servizi e del turismo che larga parte del pensiero illuminato aspirerebbe a rendere esclusiva nella formazione del PIL nazionale perchè sostenibile con il proposito di salvare il pianeta. Novella Atlantide, la povera Italia dovrebbe, secondo i gretini, reggere da sola madre terra rinunciando ad ogni intrapresa di sviluppo manifatturiero, salvo poi ritrovarci tutti in fila con la mano tesa all’ufficio delle Poste per il reddito di cittadinaza al primo virus che s’incunea maligno tra la stiva di una nave proveniete dalla Cina ed il carrello di un aereo ”charter”, proveniente da una landa sperduta, non si capise a far che cosa. E’ una roba moderna, vogliamo mica scherzare? E’ la globalizzazione. Donne, uomini e capitali da ogni angolo della terra, tutti qui, su questa piccola lingua protesa nel Mediterraneo a comprare i nostri gioielli sapientemente cesellati dall’arte milleneraia ed a venderci robaccia scadente per ridurci a consumatori anonimi nel nome dello Stato di diritto europeo e dell’economia di mercato. Intanto che la Germania si fa i suoi affaracci con la Cina e sottoacqua con la Russia, la Francia promette di sorvegliarci  e tenerci a bada se solo avanziamo la proposta di comprarci i loro cantieri navali in disarmo. Non si mettono d’accordo su niente, conferma il prof. Sapelli e non potrebbe essere altrimenti. L’Europa esiste nei dibattiti e nelle cronache politiche, ma non ha un numero di telefono al quale chiamare per chiedere di discutere decisioni imparziali dalle quali tutti gli Stati membri possano trarre vantaggi in egual misura. Si procede per assiomi, dettati dalle potenze egemoni osserva il prof. Sapelli. E’ il caso della dottrina liberista applicata alle fonti energetiche che non ha creato un mercato, ma lo ha fatto fallire. Il gas è un oligopolio naturale, non puo’ essere acquistato seguendo le oscillazioni quotidiane della speculazione, ne va del destino economico degli Stati nazionali. L’approvvigionamento energetico va negoziato con i produttori su basi contrattuali pluriennali perchè famiglie e soprattutto imprese, siano messe nelle migliori condizioni di poter programmare e competere alla pari mentre oggi, con i ”future” energetici, i prodotti manifatturieri sui mercati internazionali sono penalizzati perchè gravati da costi che di fatto li mettono fuori mercato. La crisi energetica sta mettendo a nudo le crepe e finora Scholz e Macron non si stanno dimostrando alfieri del sogno europeo che tale sembra restare solamente per noi ingenui italioti. La delusione è tanta e le politiche di Berlino e Parigi assomigliano ogni giorno di più a una dismissione. L’impressione è che davanti all’emergenza proprio gli Stati più pesanti si muovano per salvare se stessi. Attenzione al gioco sporco. Stavolta le cose sembrerebbero mettersi su un binario diverso da quello che nel 2011 portò alla defenestrazione del Governo eletto ed al commissariamento dell’Italia presa sotto tutela dalle istituzioni europee e dal FMI con la regia della Germania merkelliana. Calvalcare la crisi della bolletta energetica Continua a leggere

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Obbedisco. B, il Garibaldi della UE con Draghi il suo Bixio

E’ finita la pacchia, come a dire non pensino in Europa che con la destra al governo l’Italia continuerà ad assecondare gli interessi nazionali di Francia e Germania e trascurare gli interessi degli italiani. Il nuovo sarà un governo autenticamente europeista, ma non avrà alcun timore reverenziale nel rappresentare ai tavoli di negoziazione, gli interessi nazionali legittimi al pari di quanto negli ultimi tret’anni hanno preteso gli Stati che pesantemente condizionano le politiche dell’Unione monetaria a discapito dei restanti 25 membri. Perchè questa è la UE, una unione monetaria tra Stati sovrani regolata da Trattati. La UE, NON è uno Stato federale come sono gli USA, ad esempio. Le sue istituzioni non sono elette dai popoli, ma nominate da un Consiglio intergovernativo dove la fanno da padroni, le potenze egemoni economicamente e militarmente. Rammentarlo, non è un dettaglio pleonastico, soprattutto agli eurolirici di casa nostra che venderebbero la mamma pur di mettersi a servizio ed entrare nelle grazie dei circoli continentali che danno voce alle seducenti sofisticherie spacciate per valori di civiltà agitati alla stregua di una cortina fumogena al fine malamente dissimulato del perseguimento degli interessi nazionali di alcuni paesi a danno di altri come la vicenda del mancato tetto al prezzo del gas sta a dimostrare. ”Ccà niscjune è fesso”, dicono a Napoli. Qui, in Italia, non siamo un paese di sciocchi anche se tanti vogliono apparirlo pur di rimanere sulla ribalta fraintesa della modernità. Come si scelgono gli amici, si è chiesto retoricamente l’ultimo banchiere della serie prestati alla politica? Gli amici si scelgono tra quelli con i quali abbiamo delle concordanze valoriali, ma soprattutto, tra coloro che ci possono aiutare. L’anima di banchiere, non si smentisce. Le persone comuni, i sempliciotti infatti, scelgono gli amici per ispirazione sincera e buon cuore non certamente per venali interessi. Continua a leggere

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Meloni trova lavoro a nonno Draghi

Mario on my mind

Arcitaliana come oramai alcun italiano ha più l’ardire di essere, Giorgia sembra avere solo Mario in his mind per superare lo scetticismo che serpeggia tra le Capitali europee che contano, circa il prossimo Governo che s’insedierà a Roma. A riprova infatti che lo scettro del comando UE non è  suscettibile al PD che invece vi si è posto a servizio da oltre un decennio e tanto meno alla sinistra di Fratoianni e Bonelli come vorrebbero farci credere, siamo ancora in trepidante attesa del nulla osta tedesco al tetto del prezzo del gas. Sembrerebbe prossimo. Molti, però giocano ancora sull’equivoco e cercano di darci a bere che le ultime impennate registrate al mercato di Amsterdam, abbiano convinte Germania ed Olanda a rimuovere ogni resistenza e rinunciare al mercato dell’energia in favore di una regolamentazione che ridimensioni le bollette e ponga Putin di fronte alla scelta di incassare il giusto, oppure di trovare nuovi acquirenti che però lo costringerebbero ad attendere la costruzione di altri gasdotti nel frattempo, non avrebbe di che finanziare i lanci di bombe sull’Ucraina. Non è cosi’ che andrà. Le bollette si ridurranno, ma l’Olanda non ci rimetterà un euro e la Germania non si disporrà frontalmente a Putin alienandosi ogni possibilità che in futuro il rubinetto del nord stream 1 si possa riaprire e che a questo, si aggiunga il rubinetto del nuovissimo nord stream 2 già messo in opera ed il cui esercizio è stato sospeso quale ritorsione alla guerra scatenata dallo zar di tutte le Russie ancora in essere, contro l’Ucraina. Berlino c’aveva investito tanto su questo secondo gasdotto e la Merkel aveva inviato a gazprom il miglior legato agli affari che i crucchi disponevano, Gerard Schroeder, l’ex cancelliere socialdemocratico rimasto disoccuppato dopo il passaggio di consegne al PPE del governo della bundesrepubblick. Delusione anche per l’attuale cancelliere Scholtz. I maligni dicono infatti che la Merkel abbia tagliato la corda prima del tempo dopo aver visto crollare la sua architettura economica. La competitività tedesca poggiava sui bassi salari e l’energia a buon mercato. Uno choc che ha indebolito e non poco, l’egemonia tedesca. Per fortuna. I pigs mediterranei ne hanno tratto un boccata di ossigeno utile a far riprendere fiato alle loro economie, in primis, l’Italia. Il mercato di Amsterdam continuerà a negoziare i ”future” del gas, Germania ed Olanda sembrerebbe si siano convinte esclusivamente a far ripagare la differenza tra il tetto ed quotazione negoziale dei contratti ad un nuovo programma di debito comune europeo sul modello del PNRR. Ebbene, in questo quadro di avide furbizie nazionali, Giorgia Meloni ha compreso che restituire all’Europa il suo Mario potrebbe contribuire ad abbassare la pressione dei mercatisti del nord e lasciarci un pò piu’ mani libere per aggiustare l’economia in favore delle famiglie e delle piccole imprese qui, nella penisola, assediata dai migranti; asfissiata dalle tasse; strozzata dai cravattari della finanza apolide. Giorgia quindi, promette di darsi da fare per trovare Continua a leggere

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