La Repubblica Italiana nacque Parlamentare, in reazione al regime che l’aveva preceduta. Il potere legislativo quindi, e’ politicamente centrale nell’ordinamento Statuale della nostra Costituzione, che pone l’esecutivo, cioe’ il Governo, in condizione subalterna al Parlamento. Camera e Senato sono elette dai cittadini tutti, maschi e femmine di ogni ceto, a comporre la rappresentanza del ”popolo” italiano nella sua unitaria interezza. Ne consegue, che l’indirizzo politico e’ impresso alla nazione per mandato popolare, dai suoi Rappresentanti diretti. Negli ultimi trent’anni invece, osserva il prof. Luciano Canfora, storico e critico di chiara fama internazionale, il progressivo impoverimento ideale dei partiti; la prevalenza della economia sullo scenario globale e la cessione di sovranità agli organismi tecnocratici disegnati dai Trattati della Unione monetaria, non eletti, e’ bene rammentarlo ancora una volta, ma nominati dai Governi nazionali e solamente in via formale scrutinati dalla Assemblea di Bruxelles priva di poteri sostanziali, concorrono alla crisi attuale delle Istituzioni democratiche ed alla marginalizzazione della politica fino alla sua riduzione ad ufficio di protocollo della prevalente regolamentazione europea che surroga, quando non avoca, il legislativo italiano con ingerenze sugli Organi rappresentativi monocratici della Repubblica, che assumono l’ingrato compito di condizionare ed orientare il libero convincimento di Deputati e Senatori. Nel galateo delle relazioni internazionali, per una sorta di pudore istituzionale, non lo si puo’ affermare chiaramente, sottolinea il prof. Canfora, ma la nostra Repubblica Parlamentare, di fatto ha allargato i poteri del Quirinale offrendo agli organismi europei un canale d’intervento penetrativo a pilotare le scelte della Rappresentanza popolare al fine di esercitare la tutela del nostro paese considerato dalle oligarchie bruxellesi, tra i paesi deboli i cui popoli sono refrattari alla adozione dei sistemi di governo ad economia finanziaria competitiva dei mercati globali e che mantengono una preferenza per le conquiste dello Stato sociale e le economie nazionali delle produzioni.
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