la grandezza del ‘900 ancora oscura il fallimento della globalizzazione

Vuoto e senza idee. Si avvia a conclusione il primo ventennio del terzo millennio tra il fallimento sociale del modello di mercato globalizzato che ha preteso di abbattere ogni confine al passaggio del più vorace capitale che la storia avesse conosciuto in grado di piegare i Governi agli interessi della finanza apolide e la politica, svilita fino al punto di essere stata neutralizzata. Privata degli strumenti necessari ad intervenire in funzione di contemperazione economica dagli eccessi speculativi della competitività, la politica si è scoperta impotente se non inutile, di fronte alla distruzione operata dal capitale che in attesa di nuova frenetica creazione scappa via e lascia dietro di sé, soprattutto nel nostro paese, macerie industriali e desertificazione produttiva con il conseguente corollario di immiserimento sociale e degrado morale di larghe fasce di popolazione. In un siffatto quadro di pochezza generalizzata, il secolo breve che ci ha preceduti, agisce ancora come fonte ispiratrice per una politica resa esile dai troppi vincoli dettati dalle tecnostrutture monetarie. Inadeguata negli uomini e sterilizzata nell’azione, la politica, prova a certificare la sua esistenza in vita, rimestando nel secolo grande che fece la storia e seppur al costo di gravi tragedie, che seppe mobilitare le masse oggi slabbrate; costruire identità oggi sfocate ed indeterminate. Disperati, i piccoli uomini che al momento si agitano sul proscenio, spacciano la crisi del contemporaneo come tentativo delle forze della reazione conservatrici di assumere il potere. In realtà, la storia ci ha insegnato che i problemi sono innescati dall’avvitamento delle democrazie e dal loro ripiegamento sterile nel dibattito inconcludente sulla presunta complessità del reale che lascia inalterato il disagio profondo. Oggi, come ieri, confondere le cause con i tentativi di rispondere e dare soluzioni alle crisi nel continente americano e progressivamente in Europa come vengono fuori dalle urne, significa condannarsi alla paralisi per non capire che le masse sono disposte a tutto pur di
essere rassicurate e difese dall’esercizio del potere che scelgono di darsi.

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