Le patate lesse che diedero l’Oscar alla pucchiacca di Benigni

Fantastico come sempre Vittorio Feltri, maestro di giornalismo. La sua patata bollente ha incenerito i maitres à penser più in voga del perbenismo ipocrita. Alle schiere delle Boldrini e dei Grasso che imperversano nelle piazze telematiche e non solo, tante le facce da culo che si sono unite senza ritegno nell’esprimere non si è capito ancora bene che cosa alla Raggi, forse la solidarietà che si deve a colei che suo malgrado è stata eletta Sindaco della Capitale? Possiamo immaginare l’imbarazzo degli stessi grillini di sentirsi stretti dall’abbraccio di Giachetti, Orfini, Mentana e le numerose altre patate lesse che levano all’etere un giorno sì e l’altro pure, il loro grido di dolore per non lasciarsi scappare l’ennesima occasione di affratellarsi finalmente ai compagni di ventura politica fin qui riluttanti, a parole, verso quel sistema scandaloso contro il quale hanno detto, urlato e scritto offese, ingiurie, volgarità di ogni risma. Ma le patate no, quando sono bollenti somigliano alle banane di Jonny Stecchino: “non nominarle che a Palermo ci tengono tanto”. Ed invece le pucchiacche sì; le patonze, le bernarde, le gnocche puoi anche toccarle in TV e vincerci un Oscar senza che alcuno abbia da ridire. E’ tutto regolare, con la pucchiacca in bocca diventi un autentico democratico, un uomo raffinato, una gloria della cultura italiana nel mondo:
Non ci resta che accettare l’invito a cena di Vittorio Sgarbi, di patate bollenti ghiotto. Gli avanza il piatto di Scanzi, che alle patate preferisce le pucchiacche e stasera digiuna:

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