Finisce in galera Alessandro Sallusti per aver pubblicato sul giornale che dirigeva questo bell’articolo, ben scritto, che descrive il dramma di un’adolescente indotta a rinunciare al suo bimbo dalla miseria e dalla pochezza degli adulti che le sono capitati in sorte come genitori. Nell’articolo, il giudice che firma il decreto NON è mai citato e già questo sarebbe una precauzione sufficiente per far sentire al sicuro sia l’autore, sia il direttore della testata, ma non è bastato. Il giudice s’è sentito chiamato in causa, si è offeso ed un’altro giudice ha sentenziato una condanna alla galera passata in giudicato col verdetto della Cassazione. Chi applica la Legge in diritto e coscienza non dovrebbe mai offendersi. Saranno stati forse i dubbi che l’uomo avrà certamente balenato nel suo intimo prima di redigere un provvedimento di morte a fargli saltare le corde della ragione ed a lanciarlo nella controffensiva vittoriosa decretata dalla Corte di Cassazione, ma la galera di Sallusti gl’infliggerà una sconfitta definitiva che lo farà ritirare certamente in rotta tutta la vita. Sallusti intanto dice che rifiuterà la Grazia e non si piegherà ai lavori di pubblica utilità previsti quale forma alternativa di espiazione della pena. Andrà in galera. Rinchiusi in cella con Alessandro Sallusti ci saremo tutti ben oltre i 14 mesi comminati. D’ora in avanti la forza che spinge a scrivere con efficacia comunicativa le proprie opinioni dovrà essere maggiore per fare uscire le verità profonde della coscienza. Un’intimidazione è stata posta in essere, ma dobbiamo avere il coraggio di non piegare le biro sul foglio: l’aborto è un crimine contro l’umanità che se non si vuole punire, almeno si permetta alla libertà di metterlo all’indice.
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