Una Repubblica fondata sulla finanza

611mila famiglie, le più ricche d’Italia sono diventate ancora più ricche. Investono in BOT e CCT a medio termine. E’ grazie a questa enorme massa di ricchezza privata che basterebbe a ripianare l’intero debito pubblico italiano detenuto dagl’investitori stranieri, che le Banche italiane hanno superato la crisi finanziaria di liquidità. Quella che dovrebbe essere una Repubblica fondata sul lavoro evidenzia viceversa un’indice di ricchezza finanziaria proporzionalmente più elevato rispetto alle attività produttive come viene fuori anche dai raffronti con altri paesi quali ad esempio la Francia e la Germania. Dunque, a leggere lo studio ottimistico proposto dagli operatori privati di banca, dobbiamo augurarci che i ricconi posssano diventare ancora più ricchi ma un dubbio c’assale: riusciremo noi comuni lavoratori ad entrare in questa ristretta cerchia di persone semplicemente lavorando? Vorremmo dare il nostro contributo alla salvezza del sistema finanziario nazionale. Non sarà mica che da questi giochini di borsa il lavoro è tenuto fuori grazie una compressione dei salari ed un’elevato onere dei prelievi senza eguali nel mondo mentre le famiglie dei ricconi realizzano comodamente da casa seduti in poltrona delle pluvalenze esentasse? E non saranno forse le tante manovre finanziare per aggiustare i conti pubblici che queste brave e meritevoli famiglie scassano grazie ai loro flussi incontrollati sui quali paghiamo una montagna d’interessi, a tenerci fuori dai giochini cui anche noi lavoratori senza meriti vorremmo partecipare per dare non una mano sola ma anche l’altra con la quale produciamo, alla nazione che amiamo? Perché se a queste famiglie i conti vanno bene e si cerca di far pagare loro meno tasse in maniera tale che possano sempre più investire in titoli, a tantissime altre oberate da bollette, pigioni, mutui, ISEE e rette per servizi a domanda, i conti non tornano e sono sempre in rosso.

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