Protocapitalismo cinese, forma d’imperialismo gentile

vignetta-la Cina ci conquisteràAl macrolotto del tessile sono accorsi i vigili del fuoco e la polizia ed hanno fronteggiato l’emergenza con umanità e professionalità riconosce Wang Liping, l’unico cinese all’interno della Confederazione nazionale artigiani di Prato. Sono accorsi e per la prima volta dopo dieci anni hanno spalancato gli occhi inorriditi sui risultati “prodotti” dal protocapitalismo etnico d’importazione che facendo leva unicamente sulla impunita concorrenza sleale, ha distrutto un settore primario della produzione italiana, nel cuore dell’Europa e dell’occidente malato. Sono accorse le forze dell’ordine dopo dieci anni ed hanno chiuso e sigillato i capannoni della morte quando già ben quattro miliardi e mezzo di euro in nero si calcola siano stati drenati dalla nostra economia verso la Cina nel frattempo economisti e politici fanno finta di scervellarsi sulle ragioni della mancata crescita e della crisi occupazionale che attanaglia milioni di giovani. Sono accorsi nel momento della tragedia e di sicuro non si vedrannno più per essere dirottati come sempre nei prossimi anni, a vessare e stritolare quei pochi eroi che ancora credono di viviere in un paese sovrano per il quale continuano ad essere disposti a lavorare ed investire. Questo ci aspetta nel nostro futuro ribadisce il sensale della Cina per l’Italia, un allarme già lanciato dai Servizi a gennaio, Prodi che ha rischiato di diventare Presidente della Repubblica, è quello stesso che segnala ai funzionari cinesi le imprese italiane più appetibili da comprare. Una colonizzazione programmata e sistematica della nostra economia che non cerca di proporre il nuovo, ma focalizza il lavoro sui punti di forza vitali delle economie sviluppate penetrandovi in maniera silente fino a svuotarle ed appropriarsene favorita dalla miope complicità dei soloni che del mondialismo hanno fatto una religione laica. Non può essere letta come un ciclico fenomeno migratorio, la colonizzazione cinese delle economie occidentali non muove dalla fame, ma dalle direttive del Partito che li ha resi liberi di arricchirsi mantenendo con la madrepatria legami ed appoggi fondamentali in un quadro generale che affonda le sue radici profonde nell’imperialismo di cui la globalizzazione dei capitali ed il libero scambio delle merce è divenuto lo strumento tanto semplice quanto efficace di un neoimperialismo gentile non meno efficace delle battaglie vittoriose di Gengis Khan. Diversamente, non si spiegherebbe l’ostinato isolamento delle comunità cinesi in Italia come in ogni altra parte del mondo chiusi nelle loro enclave, sarebbe semplicistico immaginarle come semplici cellule produttivistiche.

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