Politici, intellettuali, maitre à penser, opinionisti, giornalisti e più in generale quel ceto di privilegiati che per vivere non ha bisogno di conoscere la fatica, si spera che abbia imparato e fatto tesoro delle lezioni impartite dalla Brexit e meglio ancora dalla vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane. Diversamente, se tutto dovesse procedere come se nulla fosse accaduto con la restaurazione dei vecchi sovrani sui troni europei della cultura, della politica e dell’economia, quello di un nuovo ’48 è un rischio che non si può escludere e sarebbe del tutto giustificato. Globalizzazione ed immigrazione, le menzogne delle elite, un mea culpa in piena regola scritto da un campione del pensiero globalista come Federico Rampini, uno di quelli che per sua stessa ammissione ha teorizzato e propagandato i benefici delle frontiere aperte del cui fallimento prende atto confessando di aver consumato il tradimento dei popoli e difeso ad oltranza ogni forma di immigrazione senza voler vedere la minaccia che stava maturando dentro il mondo islamico implacabilmente ostile ai sistemi di valori occidentali. Governi e pensiero progressista oscurati dalla fede nel metodo sovranazionale esercitato a mezzo delle Organizzazioni multilaterali e dei Trattati di libero scambio come strumenti positivi per definizione, hanno continuato a recitare la bella fiaba a lieto fine della società multiculturale omettendo accuratamente di spiegarci quale sarebbe stato il risultato finale: un miscuglio di valori incompatibili perorato al solo scopo di rendere accettabile il flusso incondizionato di masse migratorie disinnescando preventivamente ogni naturale accenno di reazione in nome e per conto del flottante anonimo ed interessato. L’elezione di Trump ha spiazzato i vecchi tromboni europei ancora alle prese col multilateralismo inconcludente ed i coordinamenti per la pace sconfitti ed umiliati nelle fosse comuni d’Iraq e Siria. L’Europa con Trump dopo settant’anni si è ritrovata orfana dell’America ed ha scoperto quanto sia duro rimediare ai problemi della sicurezza interna; far fronte al terrorismo sul campo e programmare sullo scacchiere internazionale, lo sviluppo del continente. Con Trump si chiude definitivamente il ‘900, socialismo e mercatismo vengono seppelliti dal nuovo corso dei popoli ribadisce Giulio Tremonti che per l’Italia vede alle porte il disastro finanziario e la vittoria del Movimento cinque Stelle la cui crescita esponenziale è diretta conseguenza del Governo merkelliano di Mario Monti. Con Trump si è chiuso il novecento, ma la storia ritorna punto e a capo verso un nuovo inizio. Al tavolo di “yalta” per spartirsi il mondo dovranno aggiungere un posto che nel 1945 non c’era: la Cina di Xi Jinping che rigetta anche solamente l’idea di svanire nella democrazia, mantiene il mercato e preferisce comprare terra in Africa e nel mondo intero al solo fine di nutrire i suoi due miliardi di figli. Sulla scena mondiale più di tutti sono andati in ansia i tedeschi, Trump minaccia di infischiarsene del loro amato sistema di regole per il commercio e le relazioni internazionali. Dazi e sicurezza promette Trump, vuole infatti investire in infrastrutture per dare posti di lavoro negli USA con le risorse della sua personale spending rewie. La Germania quindi sarà costretta a mettere mani al portafogli, finanziare la NATO e sostenere le esportazioni che a frontiere aperte fino ad oggi sono andate a gonfie vele. Trump in fondo è arrivato per questo, porre rimedio alla globalizzazione ed ai Trattati di libero scambio che hanno aperto le frontiere e fatto entrare beni di consumo massimamente competitivi perché fabbricati dove il costo del lavoro senza né regole, né tutele, è di gran lunga più basso gettando intere generazioni nella disperazione della disoccupazione o della precarietà nel migliore dei casi. Operai e produttori che hanno votato per Trump, uniti anche in Europa potranno smascherare le grandi menzogne con le quali ci hanno infinocchiato: globalizzazione ed immigrazione non sono ineluttabili.
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