Finanziamento pubblico dei partiti, accanimento terapeutico per i comunisti

comunisti finiti in cassa integrazione, partito che chiude il bilancio 2011 con 395.463€ di rosso, è solo grazie all’accanimento terapeutico del finanziamento pubblico artificiale che i comunisti italiani si possono permettere ancora di prendere una nuova sede a Roma, in corso Italia n. 19 a due passi da villa Borghese. Abbiamo trattato già in altri post il tema delle ruberie della politica, vogliamo qui porre una “questione squisitamente morale”: è lecito continuare a finanziare apparati partitocratici che testimoniano idee e modelli sociali superati coi soldi della fiscalità generale? E’ giusto in un momento di grave crisi che costringe gli anziani a pagare le medicine e conduce le famiglie in strada perché non onorano i mutui, è sensato che lo Stato storni dai suoi magrissimi bilanci somme cospicue per la promozione di idee propugnate da pochi nostalgici al punto da finire ai margini del consesso politico? NO, è profondamente irrazionale, ma è la ragione per la quale i partiti tutti si trincerano aggrappati alle tasche di pantalone al solo fine di perpetuare le sconcezze ed i fallimenti delle idee nate per cambiare il mondo e finite per essere il solo mezzo di sostentamento di personaggi dubbi e vuoti organizzati in strutture parassitarie. La storia centenaria del partito socialista italiano nacque sostenuta finanziariamente dai contributi della classe operaia, nel 1921 da una scissione nacque il partito comunista italiano e fu finanziato dai bolscevichi dell’URSS fino agli anni ’80, ma oggi siamo nel 2012, la guerra fredda è finita, siamo nel contesto europeo che sia pure a fatica e passi lenti si sta incamminando sul sentiero dell’integrazione, è mai possibile continuare a segnare poste in bilancio da sottrarre ai bisogni sociali per finanziare idee ed apparati parassitari visibilmente anacronistici? E’ giusto continuare a foraggiare coi soldi di tutti i partiti in genere? Non sarebbe più logico ed eticamente sostenibile che quanti ritengano di sviluppare idee che abbiano una certa presa sociale, a rappresentanza di un congruo numero di cittadini trovino nell’autofinanziamento dei propri iscritti le risorse per esistere piuttosto che gravare sull’intera collettività? E’ giusto pensare alla carriera politica a vita garantita dallo Stato alla stregua di un comune impiego? Il progresso avanza, il mondo cambia, le idee che hanno illuso le masse d’oriente ora sono carcasse di auto arruginite, carogne buone solo per saziare affamati avvoltoi.

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Una risposta a Finanziamento pubblico dei partiti, accanimento terapeutico per i comunisti

  1. Massimo Vaj scrive:

    I comunisti italiani sono borghesi viziati che se ne strafottono di tutto ciò che dicono di difendere, e in questo non differiscono di un pollice dai partiti della destra fascista. Dei partiti di centro, invece, mi asterrò dal dire per il timore di trovarmi, domattina, dei picciotti alla porta col canne mozze in mano… Però il fatto che la politica italiana sia composta, per una gran parte, da veri delinquenti, non giustifica indifferenza verso una, seppure remota, possibilità di guarigione.

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