Fassina chi? Se anche per Tsipras non si può più far deficit

tsipras-chi-alegreRivendica il suo ruolo di dirigente del PD Francesco Boccia e decide di non starsene più zitto: ho il dovere di prendere pubblicamente posizione perché Matteo è circondato da troppi yes man. Abbiamo l’uomo giusto, ma segue il modello sbagliato. Nel partito non c’è più confronto, chi non abbassa la testa finisce emarginato. Io per principio non avrei tolto un euro sia ai poliziotti, sia ai docenti non fosse che per il ruolo sociale svolto da queste categorie di lavoratori. Se blocchi i contratti, senza soldi non comprano più niente e le aziende non vendono e la disoccupazione aumenta. Bisogna invece fare più debito, trenta miliardi per abbassare sul serio le tasse e far ripartire la crescita. Preoccupato per le scelte economiche annunciate dal Governo si dice anche Fassina che però assicura di non aver piani per uscire dal partito, ma di lavorare per fargli cambiare rotta tanto sulla linea economica, quanto su quella delle riforme istituzionali che così come concordate con B procurerebbero se approvate definitivamente, un deficit democratico. Fassina? Fassina chi? aveva risposto Renzi quando gli riferirono le critiche dell’allora viceministro dell’economia. Non serbo rancore, è una storia passata, siamo ritornati a confrontarci rivela lo stesso Fassina. Del tutto una sorpresa è invece la linea di Alexis Tsipras, leader della sinistra greca che ha ottenuto contro tutti i sondaggi anche una buona affermazione in Italia alle europee. Ospite a Cernobbio nel ventre della bestia cioé al forum degli industriali per ascoltarli direttamente, dice: “non possiamo tornare a fare grandi deficit come in passato perché con un debito doppio del PIL quello raggiunto dal mio paese, la Grecia, la spesa per interessi soffoca la crescita. Abbiamo bisogno di una Europa più democratica, quella attuale discute in 27 e poi decide sempre e sola la Germania. Invece le economie nazionali devono avere il tempo necessario per riprendersi senza vincoli. Una ricetta che non è nuova quella degli investimenti pubblici che ha funzionato nel ’29, tenendo però presente che un debito galoppante al 200% non è sostenibile quindi, così come accadde nel 1953 per risolvere i debiti di guerra della Germania, dobbiamo pensare ad una soluzione solidale del debito tra i paesi dell’Unione. Non v’è dubbio, quella di Alexis Tsipras sarebbe una soluzione politica percorribile capace di contemperare le esigenze economiche con quelle finanziarie, ma la sola allusione sicuramente farebbe scattare in piedi dalla sedia il guardiano della finanza tedesca Schaüble. La crisi europea è nata proprio dal nein tedesco sulla proposta di mutualizzazione del debito che nella concezione del pensiero luterano è sinonimo di colpa da espiare e non perdonare a cuor leggero. Un pò come a dire: se hai speso per mangiare e sei ingrassato, ora devi faticare per dimagrire. Che non è del tutto campata in aria sul piano etico, ma quella di alcuni e tra questi Tsipras, è una tipica visione di destino comunitario. Se dobbiamo vivere nella stessa casa Europa, allora mettiamo insieme la cassa e chi ha bisogno prende. Gli Stati nazionali sono nati ispirati a questi principi di solidarietà comunitaria. I tedeschi che sono sicuramente un modello organizzativo di ordine e disciplina sociale da emulare come di recente ha detto anche Renzi, duole osservarlo, in tutta la loro storia non hanno mai dato testimonianza di spirito benefattore come invece hanno più volte dato prova gli USA, basti pensare al piano Marshall che ricostruì l’Europa dopo la II guerra mondiale. La struttura culturale tedesca non contempla il soccorso generoso da qui le difficoltà di far accettare all’opinione pubblica tedesca, una nuova costruzione statuale sovranazionale i cui costi graverebbero in massima parte sulla Germania. Lo stesso Euro fu costruito forte come il marco tedesco perché la Germania potesse aderirvi cosa che non ha fatto l’Inghilterra ad esempio, sempre gelosa della sua sovranità. Solamente un mago potrebbe dirci quante generazioni di europei ancora dovranno passare prima che il vecchio continente si integri e ritrovi quel ruolo di potenza globale che ROMA seppe costruire nell’antichità. Per superare le diffidenze e gli scetticismi reciproci, si pensò di partire dalla moneta unica. Un modo per costringerci a legare. Nei prossimi anni capiremo se fu un’idea geniale o se per trovare un modello di coesione vincente, i popoli non debbano necessariamente ricorrere al potere persuasivo del più forte. In fondo, anche gli Stati Uniti d’America nacquero da una guerra civile.

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