Aquisgrana, dopo le europee Francia e Germania vanno a comandare

Francia e Germania sono il cuore dell’Unione Europea, senza di loro nulla si muove nel vecchio continente. Parigi e Berlino hanno fondato la UE per riconciliarsi con la storia dopo due guerre mondiali. Parole proferite da Pierre Moscovici che lasciano pochi dubbi interpretativi su che cosa sia quella che gli europeisti chiamano modello di democrazia liberale europea. Il loro però è una sorta di matrimonio aperto, un’amicizia aperta alle convenienze del caso, si lascia sfuggire il nostro Pierre, il più simpatico tra i commissari europei, quello agli affari economini. In sostanza Moscovici cura gli interessi francesi su mandato tedesco. Una tipica coppia emancipata insomma, quella franco-tedesca; di quelle coppie moderne che propugnano una società europea aperta ed inclusiva degli altri anzi, per gli altri, affinché il timone del comando resti saldamente nelle loro mani. Ultima la vicenda della “sea wach 3”, la nave traghetto per migranti, registrata in Germania,  battente bandiera olandese e quindi territorio dell’Olanda, che pretende però di sbarcare i suoi passeggeri per forza in Italia. Quando ci si dice europeisti, progressisti e liberali poi la realtà s’incarica di farci comprendere che cosa si voleva intendere. Ad Aquisgrana infatti, Francia e Germania hanno messo nero su bianco che andranno a comandare comunque, quale che sia il responso che uscirà dalle urne il prossimo maggio. Se ai nostri europeisti, baluardo cartonato antipopulista ed antisovranista, non fosse ancora chiaro: sull’asse franco-tedesco l’Europa non ha e non avrà mai un profilo politico unitario. Più semplicemente: l’Europa non esiste. Continuare a stendere tappeti rossi tra Bruxelles e Francoforte, non serve a dare forza propulsiva all’idea europea. Per fortuna la nostra gente l’ha compreso bene e non si lascia più incantare dalle belle e nobili parole perché con la crisi e la disoccupazione ha provato nella carne viva il dolore delle dottrine globaliste multilaterali iniettate a forza di vincoli, patti, direttive e convenzioni internazionali fin quasi a morirne. La gente comune ha perso la fiducia nei meccanismi della democrazia rappresentativa scaduta in democrazia surrogata di stanza a Bruxelles e per la prima volta assistiamo ad un fenomeno del tutto nuovo: le élite del pensiero dominante non coincidono con le élite politiche che la maggioranza degli elettori si è date. Ignoranti quanto si vuole, ma queste maggioranze di elettori sono anche le sole che hanno pagato di tasca propria ogni cervellotica sperimentazione sociale propugnata a suon di ideali e splendide promesse di convivenza e multiculturalismo. La democrazia in fondo, si alimenta di PIL, quella italiana invece per lunghi anni si è disinteressata delle condizioni del suo popolo ed ha scelto di abbracciare le ideologie ordoliberiste di Berlino ispirata dall’ex Presidente Giorgio Napolitano che le aveva fatte proprie negli anni in cui era stato capo della delegazione italiana a Bruxelles ed aveva avuto modo di intessere rapporti personali con i rappresentanti delle Istituzioni europee. Era nell’ordine delle cose dunque, che la gente comune avrebbe finito per divorziare dalle nobili élite e preferito di affidarsi a dei manovali per risolvere le principali angosce che l’affliggono. Le ricette forse saranno meno studiate, ma la pratica in ogni caso non richiede ulteriori e più soffocanti sacrifici.

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