Letta, quel ch’è restato degli anni ’80

Raf, cosa resterà di questi anni ottantaFranceschini è inutile, ma Letta è dannoso, così lo valutava Ciriaco De Mita l’ideologo della sinistra democristiana che fu Presidente del Consiglio perché parlava “difficile”, nel senso che aggiungeva l’accento meridionale alla dialettica tipica dei leaders democratici cristiani: parlare per ore senza dir nulla di preciso, concreto e possibile. Un vero campione dell’inciuso tra i maggiori protagonisti che realizzarono il debito pubblico italiano, l’artefice principale di quella ricostruzione post terremoto dell’Irpinia mai terminata, nella quale sparirono 60.000 miliardi di vecchie Lire. Se per De Mita il giovane Letta era un dannoso, per Occhetto i democristiani del PD sono il male oscuro che impedisce la nascita del partito della sinistra post comunista. Più articolato invece è il profilo generazionale che traccia Aldo Cazzullo: Letta, tutto quello che ci resta degli anni ’80 cioé, di quella generazione nata negli anni sessanta, cresciuta leggendo i classici e guardando ancora la TV in bianco e nero, molto preparata che ha avuto buoni maestri e ne conserva gli insegnamenti, post ideologica, insomma molto diversa dai fratelli maggiori giovani degli anni sessanta, generazione che si è tenuta a distanza di sicurezza dalla politica e per questa ragione ha rischiato forse di saltare il suo turno. Una generazione figlia di Regan e della Tacher che si è ritirata dalle piazze ed ha interpretato il successo come traguardo personale più che collettivo, una generazione capace di sfatare il mito dell’utopia egualitaria tanto da non essere stata mai amata a sinistra se pensiamo che finanche Woityla protagonista assoluto nella caduta del comunismo nella parte di DC che si riconosceva in Moro, fu guardato sempre con riserva.

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