Isis arretra, i servizi attendono la ritorsione degli homegrown mujahidin

AISEIl ripiegamento territoriale seguito all’intervento sul campo della Russia ed le difficoltà oggettive esterne con le le quali l’islamic state si è trovato a confrontarsi negli ultimi mesi soprattutto nel reperire finanziamenti e approvvigionamenti, non devono comunque lasciar credere che il rischio attentati sia diminuito in Europa ed anche in Italia. Anzi, le circostanze possono motivare maggiormente le azioni di ritorsione terroristica. A chiarirlo non sono gli osservatori e gli opinionisti specializzati, ma direttamente i nostri servizi di sicurezza. A pagina 89 dell’ultima relazione trasmessa di recente al Parlamento sulla sicurezza della Repubblica, si legge testualmente: “almeno nel medio termine, la parabola di DAESH come entità territoriale non coinciderà con quella della minaccia terroristica, giacché anche l’auspicata sconfitta militare del Califfato non ridimensionerà il pericolo di attivazioni terroristiche in territorio occidentale, che potranno anzi caricarsi di un’ulteriore valenza ritorsiva”. Il bacino di reclutamento dell’Isis risulta estremamente vasto e variegato, ai “reduci” europei appositamente congedati con la missione specifica di reclutare nuove leve nei paesi di origine, si aggiungono elementi solitari particolarmente pericolosi, di norma immigrati di seconda ed anche terza generazione culturalmente disadattati quando non del tutto estraniati dal contesto che gli ha dato i natali e che nel jiad ritrovano i tratti identitari originari d’appartenenza. Si legge infatti nella relazione dell’AISE che l’isis: “attinge ad un bacino incredibilmente ampio di “soldati”: qaidisti della prima ora, foreign fighters di varia provenienza appositamente disingaggiati dal campo siro-iracheno, epicentro
dell’instabilità, neofiti reclutati tra gli homegrown europei da altri combattenti
occidentali su mandato della leadership, nonché estremisti solitari, disadattati o estraniati dall’ambiente di residenza, istigati ad agire in nome del jihad. Ne deriva la possibilità che in Europa trovino spazio nuovi attacchi eclatanti sullo stile di quelli di Parigi, ma anche forme di coordinamento orizzontale tra micro-cellule, o azioni individuali sommariamente pianificate e per ciò stesso del tutto imprevedibili”. Dunque come facilmente si può capire a leggere la stessa relazione dei servizi, i Governi che si sono succeduti negli ultimi trent’anni con la fiducia del Parlamento, hanno saputo fare un  gran bel “dono” a tutti gli italiani mantenendo le porte spalancante e contribuendo a regalare loro una “preziosa ricchezza nella diversità”. I servizi tracciano addirittura un nuovo identikit del jihaidista che sciacqua la sua tunica nell’Arno sottolineando le differenze coi jihaidista naturalizzati in altri paesi europei. In Italia il terrorista islamico potenziale risulta avere una età media più matura tra i 30 ed i 40 anni, spesso è incensurato e ben integrato lavorativamente. Quasi a voler rispondere indirettamente alle esortazioni di questi ultimi giorni: il problema non è sociale bensì ha radici più profonde che in occidente a giusta ragione, non riescono ad attecchire generando rancori ed odii silenti. Sviscerato il problema in ogni suo drammatico aspetto, i pretoriani della democrazia teorizzano che non si debba nemmeno provare a circoscrivere pena la violazione di ogni diritto umano, ma che si debba risolvere lasciando che assuma una dimensione sempre più grave ed ineluttabile. Il “dono” di questi paladini dei diritti inventati, non poteva essere descritto meglio di come lo illustrano i servizi di sicurezza della nuova Repubblica degli apolidi: alla luce delle evidenze attestanti il ruolo giocato da foreign fighters di estrazione europea nella promozione, pianificazione e realizzazione di azioni violente nel Vecchio Continente, hanno assunto peso crescente, nel panorama della minaccia, i cd. homegrown mujahidin, soggetti nati o cresciuti o radicalizzatisi in Occidente (sia convertiti sia reborn muslims, vale a dire immigrati di seconda/terza generazione che hanno riscoperto l’Islam in chiave estremista), pronti a convergere verso le zone del Califfato o a compiere il jihad sui territori di residenza”.

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